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Anche gli psicologi italiani in Francia si indignano!

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di GIULIA PAOLETTI e CARLA DE STEFANO

Il giorno 8 Aprile 2021, il Presidente del Consiglio Mario Draghi apre la conferenza stampa rispondendo alla prima domanda del giornalista Mario de Pizzo del Tg1 riguardante i vaccini contro il Covid 19 e la disparità nella distribuzione dei vaccini tra le regioni. Il Presidente del consiglio risponde che bisogna seguire le linee guida indicate dal ministro Speranza e dal CTS, che prevedono la necessità di vaccinare con Astra Zeneca i soggetti con più di 60 anni di età, poi porta la nostra attenzione sul rischio di decesso, che è maggiormente riportata per i soggetti con più di 75 anni, da cui l’urgenza di vaccinare questi in priorità.

Dopodichè apre una lunga parentesi in cui sostiene che, “banalizzando” , si potrebbe dire “smettetela di vaccinare chi ha meno di 60 anni” in particolare “i ragazzi di 35 anni, psicologi di 35 anni perché sono operatori sanitari anche loro” facendo riferimento con non celata ironia e disprezzo a “questa platea di operatori sanitari che si allargano in questo modo”. Termina in bellezza chiosando : “Ma con che coscienza uno che non è compreso nelle prenotazioni salta la lista e si fa vaccinare!?”.

Ora, vorremmo rispondere punto per punto al Presidente del Consiglio poiché, pur vivendo e lavorando in Francia da anni oramai, le affermazioni di una delle più alte cariche dello Stato Italiano ci riguardano da vicino, non solo come psicologi ma come cittadini italiani che non vedono rispettati né l’integrità della propria categoria professionale né, se permettete , la logica.

  • 1. Lo stato Italiano ha deciso, all’epoca del governo Conte, che la priorità di vaccinazione doveva essere data agli operatori sanitari e socio-sanitari, come evidenziato nel decreto legge del 2 Gennaio 2021, presentato dal Ministro della Salute al parlamento nel Dicembre 2020. Addirittura in tale decreto gli anziani venivano messi al terzo punto della lista delle categorie a rischio, dopo operatori sanitari e lavoratori delle RSA ( al Punto 2. Valori, Principi e Categorie Prioritarie). Ricordiamo che tale scelta fece discutere perché altri stati europei, tipo la Francia, scelsero di vaccinare in primis gli anziani, in quanto categoria più a rischio di decesso ma anche soggetti che finiscono più facilmente in rianimazione “intasando” gli ospedali con le conseguenze nefaste che oramai conosciamo tutti sulla salute pubblica e la presa in carico di altre malattie (pazienti oncologici, servizi di ortopedia e d’urgenza, pediatria tra tanti). Ad ogni modo la decisione fu presa. Non da lui, Mario Draghi, ma dallo Stato Italiano. Quello del cui consiglio dei ministri è il capo. Ora, forse il Presidente Draghi non lo sa e non è stato informato ma lo psicologo rientra nella categoria di operatore sanitario. Non da ieri o dallo scorso mese ma dal DDL Lorenzin del 22 Dicembre 2017, nel quale all’articolo 1 si specifica che: «Art. 01 (Categoria professionale degli psicologi). – 1. La professione di psicologo di cui alla presente legge è ricompresa tra le professioni sanitarie di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, ratificato dalla legge 17 aprile 1956, n. 561».Dunque, lascia sbalorditi che ad oggi si permetta di sollevare dubbi sull’opportunità o meno di considerarla una categoria professionale appartenente alla “Platea” degli operatori sanitari che “si allarga”. Qui l’unica cosa ad allargarsi è la nostra indignazione davanti ad affermazioni del genere. Lo psicologo rientra nella categoria che il governo ha deciso di considerare come prioritaria. Punto. Non ci soffermiamo sull’utilità e la ragionevolezza di questa scelta perché per il momento rispondiamo solo coi fatti.
  • 2. Lo psicologo giovane “salta la fila” e si fa vaccinare. Ora, si rende conto il Ministro Draghi che il suo governo ha varato un decreto legge il 1 Aprile 2021, in cui si afferma chiaramente all’articolo 4 che il vaccino è OBBLIGATORIO per le suddette categorie professionali? Non solo: se il personale sanitario , senza comprovati motivi medici , si rifiutasse di fare il vaccino sarebbe demansionato, senza stipendio fino al 31 Dicembre 2021 e SOSPESO DALL’ALBO. Segue il testo: Art. 4 Disposizioni urgenti in materia di prevenzione del contagio da SARS-CoV-2 mediante previsione di obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario.
    • 1. […] La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati.
    • 2. Solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione di cui al comma 1 non e’ obbligatoria e può essere omessa o differita.
    • 6.Decorsi i termini di cui al comma 5, l’azienda sanitaria locale competente accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e, previa acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le autorità’ competenti, ne dà’ immediata comunicazione scritta all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza. L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.
    • 7. La sospensione di cui al comma 6, è comunicata immediatamente all’interessato dall’Ordine professionale di appartenenza.
    • 8. Ricevuta la comunicazione di cui al comma 6, il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, diverse da quelle indicate al comma 6, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate, e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio. Quando l’assegnazione a mansioni diverse non e’ possibile, per il periodo di sospensione di cui al comma 9, non e’ dovuta la retribuzione, altro compenso o emolumento, comunque denominato. A questo punto ci pare lampante che il Presidente de Consiglio non sia informato dei decreti che il suo stesso governo emana. Il che se da un lato è inquietante dall’altro è pure inammissibile che questa sua inconsapevolezza gli permetta di lasciarsi andare a commenti “di pancia” che provengono dai suoi pregiudizi e dalle sue idee personali più che dalla realtà dei fatti. Onorevole Draghi, e qui ci rivolgiamo a lei direttamente, ove mai leggesse la nostra risposta: lo psicologo di 35 anni non salta la fila, obbedisce con coscienza agli obblighi che avete messo voi.
  • 3. Perché tirare in ballo proprio la nostra categoria professionale? Il discorso del nostro Presidente è un chiaro esempio di come in Italia il concetto di salute sia ancora una condizione esclusiva del corpo e non della mente. Il messaggio pubblico comunicato rivela una chiara ignoranza del diritto del cittadino alla salute psicologica, diritto sancito e tutelato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Oltre alla negligenza del diritto alla salute psichica, il nostro Governo rivela una scarsa conoscenza dei ruoli e dei contesti lavorativi che lo psicologo ricopre. La nostra professione è impegnata non soltanto in ambito ospedaliero ma anche in cliniche private, studi privati, RSA, scuole, istituzioni pubbliche, tribunali, aziende ed enti di ricerca. Quello che è stato comunicato pubblicamente non fa altro che rafforzare gli stereotipi legati alla professione e rallentare l’inserimento della figura dello psicologo dove ancora non presente. Se non si cambiano i paradigmi di riferimento non si puo comprendere l’importanza dello psicologo e la necessità della sua declinazione sociale e pubblica. Numerose ricerche scientifiche, a livello internazionale, mostrano il peggioramento della salute psicologica della popolazione generale e clinica. Le conclusioni dei diversi ricercatori portano all’importanza di occuparsi dell’emergenza psicologica e di investire sul campo della salute mentale [1, 2, 3, 4, 5]. Noi tutti, nella nostra pratica clinica e quotidiana, abbiamo riscontrato un aumento della richiesta di aiuto da parte del cittadino per prendere in carico la sua sofferenza psichica e le sue fragilità. La psicologia è una risorsa fondamentale per lo sviluppo “sano” delle persone, delle relazioni e della società e va inserita a supporto della collettività. Nessuna istituzione si puo permettere di far passare un messaggio pubblico sottointeso di categoria professionale di serie B, soprattuto in un periodo in cui si comincia a parlare di psicopandemia. Purtroppo non tutti nell’opinione pubblica hanno capacità critiche e sono a conoscenza delle leggi e dei decreti emanati. Esprimersi pubblicamente e in maniera ufficiale contro un nemico che “salta la fila” può essere pericoloso di questi tempi. Del resto sono ben noti gli effetti che una poco attenta scelta delle parole fatta da un politico possono avere sulle masse, su una popolazione in difficoltà e provata dalla recenti crisi economico-sanitaria e sociale.
  • 4. Noi da Parigi abbiamo deciso di esprimerci rispetto a queste parole pubbliche, perché sappiamo quanto sia importante l’uso della parola e dei suoi effetti e non possiamo rimanere in silenzio. Siamo indignati e offesi. Confrontando le nostre esperienze con quelle dei colleghi che lavorano in Italia ci rendiamo conto di quanto non ci sia un allineamento europeo rispetto alla nostra professione, di come le condizioni lavorative dello psicologo siano diverse da paese a paese. Eppure la pandemia sta colpendo ogni stato indistintamente, senza fare eccezioni, creando gli stessi bisogni psicologici nella popolazione. Vorremmo comunicare le nostre esperienze. Ma a chi? Chi potrebbe ascoltarci seriamente? La pandemia ha dato spazio e luce alla nostra professione ma ha anche acceso dei riflettori sullo scarso investimento dei governi nel nostro campo. Non vogliamo scuse plateali, vogliamo gesti eloquenti per la promozione e per il coinvolgimento dello psicologo, affinché il cittadino possa esercitare il suo diritto alla salute psicologica.
  • 5. In ultima analisi: se ci si chiede “con che coscienza” facciamo quel che facciamo agendo in pieno accordo con le direttive imposte dal governo, be’ le rispondiamo con una definizione che ci sembra appropriata: “COSCIENZA MORALE: l’insieme di processi cognitivi ed emozionali che sono alla base della formazione di una guida interiore che regola la condotta individuale, in armonia con i valori riconosciuti dal gruppo sociale di appartenenza. I processi cognitivi sono indispensabili per la conoscenza delle norme e per la valutazione della conformità delle proprie azioni alle medesime…”

Nuovo Dizionario di Psicologia, Umberto Galimberti. Dott.ssa Giulia Paoletti e Dott.ssa Carla De Stefano

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