di DANIELA SANTAMBROGIO
Il cambiamento dell’abituale gestione del quotidiano provocato dall’emergenza sanitaria si inscrive in un quadro di cambiamento più ampio e comprensivo della dimensione spazio-tempo. Il modo di utilizzare lo spazio ed il tempo è stato modificato dalle nuove esigenze dettate dalla presenza del virus nel nostro contesto. Spazio e tempo sono da sempre fortemente interconnessi ed il modo in cui li si definisce determina la nostra percezione degli stessi, in modo retroattivo, in una consequenzialità circolare. Come dice S. Agostino nelle Confessioni, c’è solo il presente: il presente del passato è la memoria, il presente del presente è l’intuizione, il presente del futuro è l’attesa. Secondo il pensiero sistemico, il tempo si descrive su un cerchio dove passato-presente-futuro sono interconnessi, la visione lineare di un prima e di un dopo è affiancata da una visione circolare che prevede due anelli ricorsivi del tempo: uno diacronico (passato, presente e futuro) e uno sincronico (tempo individuale, sociale et culturale).
Il concetto di tempo si è evoluto in una co-costruzione collettiva che comprende gli aspetti socioculturali. Oggi, i parametri usuali di definizione dell’utilizzo del nostro tempo e dello spazio sono stati modificati, il tempo è di per se’ bloccato nel presente da un elemento socio-culturale quale la narrazione (come ce lo raccontiamo) dell’elemento virus.
Nella pratica clinica sistemica, l’introduzione dell’anello riflessivo del tempo permette al terapeuta di lavorare sui paradossi costruiti su una logica senza tempo, e sui miti (costrutti atemporali condivisi dal sistema familiare e mantenuti stabili dai rituali familiari), sbloccando il paziente dall’impasse attraverso la reintroduzione del tempo circolare. Negli ultimi mesi, presso lo CSAPA (centro per le dipendenze) dove esercito, ho notato un cambiamento nella narrazione portata dai pazienti. Se prima la narrazione della loro storia era più spesso caratterizzata da un blocco riferito al passato, oggi il blocco è riferito al futuro. La sofferenza riferita per la mancanza di soluzioni del paziente sovente attribuita ad un evento del passato cronologico, oggi si trasforma in una sofferenza legata all’impossibilità di programmarsi nel futuro. In termini clinici, ciò che cambia è la punteggiatura seguita nella conversazione terapeutica che si sposta dal passato al futuro, ciò che non cambia è il modo di perturbare le premesse del paziente da parte del terapeuta. Il paziente oggi parte dall’impasse nel futuro per rivenire solo successivamente a quella nel passato e dunque nel presente e nella seduta cambiano i tempi verbali, le parole chiave e la direzione intrapresa nella conversazione terapeutica, per poi rivenire all’introduzione del concetto di circolarità attraverso le domande circolari ed all’apertura di nuove possibili soluzioni sul futuro, sul passato e nel presente.